Sinodo 2021 – 2023

Il percorso. Cammino sinodale italiano, ecco il calendario e le tappe fino al 2025

Da quest’anno al 2022 protagoniste diocesi, parrocchie e movimenti. In ogni diocesi nasceranno i «gruppi sinodali» aperti anche ai lontani.

Saranno i «gruppi sinodali» i protagonisti della prima fase del cammino sinodale della Chiesa italiana. Nasceranno in ogni diocesi e diventeranno come “antenne” sul territorio per captare le fatiche, le potenzialità, gli stimoli, le proposte delle parrocchie ma anche dell’intera società. E dovranno andare oltre il sagrato o il campanile: perché sono tenuti a «coinvolgere il più possibile anche persone che non sono e non si sentono “parte attiva” della comunità cristiana». Vuole essere un percorso “diffuso” e senza barriere il movimento nazionale di riforma ecclesiale sollecitato da papa Francesco che la Cei sta mettendo a punto. Un itinerario che avrà al centro un «trinomio», come viene chiamato negli “Orientamenti iniziali” frutto del Consiglio permanente straordinario dello scorso luglio: Vangelo, fraternità, mondo. Tre dimensioni che erano già indicate nella bozza consegnata a papa Francesco lo scorso febbraio dalla presidenza Cei e che hanno fatto da bussola per la “Carta di intenti” approvata nell’Assemblea generale dei vescovi italiani lo scorso maggio.

Proprio tre mesi fa il cammino sinodale è ufficialmente partito. A fare da filo conduttore il tema “Annunciare il Vangelo in un tempo di rigenerazione”. Settimana dopo settimana l’itinerario sta prendendo forma e si intreccerà con il Sinodo dei vescovi dedicato alla sinodalità. Un appuntamento, quest’ultimo, che sarà inaugurato a ottobre e che, secondo le novità introdotte dal Pontefice, si aprirà con la consultazione delle Chiese locali in tutto il mondo prevista fino all’aprile 2022. Ecco perché già da ora la Cei ipotizza che «il primo anno del Sinodo dei vescovi» sia «il primo momento del cammino sinodale italiano». Del resto nelle diocesi arriverà un questionario “vaticano” con una decina di domande e sotto-domande che serviranno per raccogliere gli input per il Sinodo dei vescovi. Un documento che potrà essere integrato con le istanze proprie della Chiesa italiana. Il compito di «armonizzare» i due percorsi è affidato dalla Cei a una Commissione di lavoro che si è riunita in estate e che presenterà un progetto per far sì che «con gli opportuni aggiustamenti» i due percorsi vadano di pari passi. Fra gli obiettivi anche quello di accogliere nel tracciato nazionale le ricchezze dei Sinodi diocesani che in molte Chiese locali del Paese si sono svolti o sono in corso.

Secondo gli “Orientamenti iniziali”, tre saranno le macro tappe del cammino italiano. La prima, già cominciata, durerà due anni ed è quella «dal basso». Avrà al centro le diocesi e le parrocchie, ma anche «gli appartenenti alla vita consacrata, le associazioni e i movimenti». Sarà un «biennio di ascolto di “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” attraverso la consultazione del popolo di Dio nella maggiore ampiezza e capillarità possibile». Sullo sfondo le «domande sollevate dalla pandemia», come già aveva stabilito il Consiglio permanente dello scorso gennaio. Interrogativi che sono entrati nella discussione di questi mesi sulle chiese “svuotate” dal Covid e sul “gregge smarrito”. Lo strumento principale sarà rappresentato dai «gruppi sinodali». E se la prossima Assemblea straordinaria dell’episcopato italiano, in programma a novembre, approverà l’iter complessivo, il Consiglio permanente di settembre nominerà il Comitato nazionale che seguirà il cammino. Nel 2022, in base al materiale raccolto nel primo anno, sarà messa a punto l’agenda dei temi su cui il “popolo delle diocesi e delle parrocchie” si confronterà. Ad ispirarla anche gli ultimi due Convegni ecclesiali: quello di Verona del 2006 e quello di Firenze del 2015 con il discorso programmatico di papa Francesco sullo stile sinodale da adottare nella Penisola. Alcune questioni sono già venute a galla: dall’Eucaristia domenicale all’accompagnamento delle famiglie, dai giovani ai poveri, dalla cura della casa comune al rapporto con le istituzioni e il mondo politico. Ma si impongono ulteriori nodi da sciogliere, come il ripensamento dei modelli e delle strutture pastorali oppure l’iniziazione cristiana.

La seconda tappa viene definita «sapienziale». E vedrà impegnati soprattutto i vescovi, gli operatori pastorali, le Conferenze episcopali regionali, ma anche le facoltà e gli istituti teologici, l’Università Cattolica e la Lumsa, le realtà culturali presenti nel Paese. Si tratterà di leggere e analizzare quanto scaturito nel biennio precedente e integrarlo con gli spunti usciti dal Sinodo dei vescovi.

La terza e ultima tappa ha come orizzonte il Giubileo del 2025 quando potrebbe tenersi una grande assemblea nazionale che sarà chiamata a presentare «alcune scelte coraggiose, profetiche, per un annuncio più snello, cioè libero, evangelico e umile, come chiesto ripetutamente da papa Francesco». Già Giovanni Paolo II aveva lanciato al Convegno di Palermo, nel 1995, la proposta di un passaggio dalla conservazione alla missione; e Benedetto XVI aveva tracciato le piste per una Chiesa che, pur essendo quasi dovunque minoranza, lo sia in modo creativo e propositivo, attraverso una presenza che sappia dialogare con tutti i “cercatori della verità” e che sia in grado di attrarre più che imporre. Come a dire che il cammino sinodale, pur cercando strade nuove, si snoda su sentieri ben tracciati. Lo aveva ricordato anche il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, nell’Introduzione all’ultima Assemblea generale quando aveva ripercorso l’itinerario cinquantennale degli Orientamenti della Chiesa italiana e dei suoi Convegni ecclesiali. «Una ricchezza che va recuperata: non partiamo da zero», nota la Cei. Una volta conclusa l’assemblea nazionale del 2025 che segnerà l’approdo del movimento nazionale, il testo finale giungerà nelle diocesi. E così prenderà il via l’attuazione del percorso sinodale nelle Chiese locali che saranno chiamate a recepire i frutti di cinque anni di cammino condiviso. (Avvenire.it)

Il tema. Una domanda, dieci tracce: ecco come le diocesi saranno coinvolte nel Sinodo

Un’unica, impegnativa domanda. E poi dieci tracce per declinarla nel concreto e capire come ciascuna diocesi sia capace di “camminare insieme”. Ha i tratti di un esame di coscienza la grande consultazione “dal basso” di tutta la Chiesa che aprirà il processo sinodale voluto da papa Francesco e che sarà il primo tassello per giungere a celebrare il Sinodo dei vescovi sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione” in programma nell’ottobre 2023 a Roma. L’ascolto delle diocesi del mondo è ai nastri di partenza e coinvolgerà ogni angolo del pianeta da ottobre ad aprile. Un’avventura inedita «con obiettivi di grande rilevanza per la qualità della vita ecclesiale», spiega il Documento preparatorio diffuso ieri che intende «mettere in moto le idee, le energie e la creatività di tutti coloro che parteciperanno all’itinerario».

Il testo è soprattutto una bussola per ogni territorio e per avviare la consultazione. A partire dall’interrogativo «fondamentale», come viene definito, a cui tutte le diocesi sono chiamate a rispondere: «Una Chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, “cammina insieme”: come questo “camminare insieme” si realizza oggi nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro “camminare insieme”?». L’intento è «raccogliere le esperienze di sinodalità vissuta, coinvolgendo i pastori e i fedeli a tutti i livelli». In particolare, specifica il Documento, verrà «richiesto il contributo degli organismi di partecipazione delle Chiese particolari, specialmente il Consiglio presbiterale e il Consiglio pastorale». E ogni diocesi dovrà fare una sintesi del «lavoro di ascolto e discernimento» in dieci pagine al massimo.

Per favorire il confronto, vengono proposte alcune serie di domande “pratiche” racchiuse all’interno di dieci ambiti tematici. Così, ad esempio, ogni diocesi dovrà riflettere su «chi cammina insieme» o chi sono i suoi «compagni di viaggio anche al di fuori del perimetro ecclesiale». Oppure valutare come «vengono ascoltati i laici, in particolare giovani e donne»; in che modo si recepisce «il contributo di consacrati o consacrate»; come si accoglie «la voce delle minoranze, degli scartati, degli esclusi». Ancora. Le Chiese locali sono invitate a capire se il proprio «stile comunicativo» è «libero e autentico, senza doppiezze e opportunismi», a promuovere «la partecipazione attiva di tutti i fedeli alla liturgia», ad analizzare «come la preghiera e la celebrazione orientino il “camminare insieme”» ma anche «le decisioni più importanti».

Poi c’è la sfida della missione che chiama chiunque. Da qui i quesiti su come ogni battezzato sia «protagonista» o in quale maniera i credenti impegnati nel sociale siano sostenuti dalla comunità. Quindi la necessità del dialogo nella Chiesa e con l’ambito civile: come vengono affrontate le divergenze di visione, i conflitti? come promuoviamo la collaborazione con le diocesi vicine? come la Chiesa impara da altre istanze della società: il mondo della politica, dell’economia, della cultura, i poveri?, sono alcune domande. Non manca il richiamo alla vicinanza ecumenica con le altre confessioni cristiane o alla formazione. E fra gli interrogativi ci sono anche quelli sui “vertici” nella Chiesa: come viene esercitata l’autorità? come si promuove la partecipazione alle decisioni in seno a comunità gerarchicamente strutturate? Ciò che al Papa sta a cuore è «una conversione sinodale» che consenta di «immaginare un futuro diverso per la Chiesa e per le sue istituzioni all’altezza della missione ricevuta». Del resto, dice il Documento citando san Giovanni Crisostomo, «Chiesa e Sinodo sono sinonimi». (Avvenire.it)

L’iter. Per l’Italia un Sinodo “diffuso”. Protagoniste diocesi e parrocchie

Sarebbe un equivoco limitarsi a pensare il Sinodo della Chiesa italiana come a un grande evento o a un raduno di delegati che presentano risoluzioni o votano proposizioni. Non lo ipotizza in questi termini la Cei. Perché significherebbe «tradire le parole di papa Francesco» che l’input lo ha dato in modo preciso incontrando l’Ufficio catechistico nazionale lo scorso 30 gennaio. Nell’udienza il Pontefice ha chiesto di «incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi». Un percorso “diffuso”, non accentrato e precostituito, che abbia per protagonisti i territori (ossia le 16 regioni ecclesiastiche, le 226 Chiese particolari, le oltre 25mila parrocchie) e le multiformi espressioni ecclesiali presenti nel Paese, con una particolare attenzione al laicato. Di fatto un cammino di comunione e missione, come viene presentato nella proposta della Cei che la presidenza della Conferenza episcopale italiana ha consegnato al Papa il 27 febbraio nell’udienza dove erano presenti il cardinale presidente Gualtiero Bassetti, il segretario generale il vescovo Stefano Russo e i tre vice presidenti Franco Giulio Brambilla, Mario Meini e Antonino Raspanti.

Sarà un movimento sinodale che andrà dalle Alpi alla Sicilia. Perché, stando al diritto canonico, il Sinodo è quello diocesano indetto da un vescovo oppure il Sinodo dei vescovi che convoca il Papa. Nel caso italiano l’atto che dà la spinta iniziale è rappresentato proprio dall’intervento di Francesco di fine gennaio che rimanda al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze nel 2015 quando papa Bergoglio aveva invitato ad adottare uno stile sinodale approfondendo l’esortazione apostolica Evangelii gaudium. «È qui che risiede lo scatto in avanti domandato a tutta la Chiesa italiana da papa Francesco. A Firenze c’è stata l’intuizione», ha scritto il cardinale Bassetti in un recente editoriale su Avvenire dedicato al Sinodo che la Chiesa italiana è pronta ad avviare.

Dopo cinque anni, la Chiesa italiana deve tornare al Convengo di Firenze, e deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi: anche questo processo sarà una catechesi. Nel Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della strada da fare in questo Sinodo. Adesso, riprenderlo: è il momento. E incominciare a camminare. (Papa Francesco – 30 gennaio 2021)

Il presidente della Cei ha già spiegato che c’è bisogno di uscire dal «torpore». È l’urgenza bergogliana della conversione pastorale sollecitata nell’Evangelii gaudium, magna charta del pontificato che deve essere la bussola per una “riforma” della presenza ecclesiale anche nella Penisola. Ciò significa liberarsi dalle sovrastrutture, sburocratizzare la vita delle parrocchie e delle diocesi, superare la logica del “si è sempre fatto così…”. Un impegno che si intreccerà con la «fraternità solidale» che deve esprimersi nei fatti e con la «formazione ecclesiale»: due dimensioni che il presidente della Cei ha indicato come riferimenti sinodali.

Il Sinodo – argomento fra i punti all’ordine del giorno del Consiglio permanente che si tiene da lunedì 22 a mercoledì 24 marzo – sarà un’esperienza di discernimento comunitario che ha come scopo quello di proporre una «rigenerazione» e ridare slancio a una Chiesa con profonde tradizioni ma anche con criticità che la pandemia ha accentuato in modo significativo, mettendo alla prova le comunità. Ecco perché la crisi sanitaria, con il suo riflesso ecclesiale, sarà una sorta di punto di partenza. Cruciale risulterà la sfida dell’annuncio del Vangelo in un’Italia in continuo cambiamento che fatica a incontrare la gioia di credere. Non è un caso che sia dedicata all’evangelizzazione la prossima Assemblea generale prevista entro l’estate. Una sfida che passa dalla liturgia, dalla famiglia, dai giovani, dalla carità: tutti ambiti che entreranno nel processo sinodale. Lo sguardo verrà rivolto anche alla società: il che significa, ad esempio, toccare i temi della cultura, delle povertà, delle fragilità, della cittadinanza, del lavoro. E idealmente il Sinodo congiungerà quasi un ventennio di vita ecclesiale italiana recependo gli ultimi due Convegni nazionali: quello di Firenze nel 2015 e quello di Verona nel 2006 (con i suoi cinque ambiti: affettività; lavoro e festa; fragilità; tradizione; cittadinanza).
Al centro del cammino sinodale ci sarà l’ascolto, che vuol dire primato delle persone sulle strutture, corresponsabilità, attenzione ai variegati volti della Chiesa italiana. La Cei è ben consapevole che la comunità ecclesiale del Paese ha storie e sensibilità non uniformabili che sono, anzi, una ricchezza e lo specchio della “convivialità delle differenze” che caratterizza la vita di fede nella Penisola.

Rileggendo le parole di papa Francesco all’udienza concessa sabato 30 gennaio ai partecipanti all’incontro promosso dall’Ufficio catechistico nazionale della Cei, ho ripensato all’immagine conciliare della Chiesa «popolo di Dio in cammino». Una Chiesa che si muove insieme, che si fa prossima, che ascolta. Una Chiesa in cui la vera autorità è quella del servizio e che fa proprie, con affettuosa condivisione, le gioie e le speranze, i dolori e le angosce della famiglia umana. (Cardinale Gualtiero Bassetti – 3 febbraio 2021)

Non si tratta di immaginare l’iter sinodale alla stregua di uno schiocco delle dita. «Questo porterà via tempo», aveva spiegato papa Francesco nel suo intervento all’Assemblea generale della Cei nel maggio 2019. Siamo, quindi, al debutto di un percorso di vasto respiro che avrà come orizzonte il Giubileo del 2025, ha già annunciato Bassetti, quando si farà il punto su quanto compiuto. Di fatto l’Anno Santo diventerà come il “sigillo” su un cammino di cinque anni, se si considera il 2021 come quello dei primi passi. Il Sinodo si muoverà su «due direzioni», secondo gli spunti presentati due anni fa da Francesco ai vescovi italiani: «dal basso in alto» e «dall’alto in basso». Sarà elaborata una sorta di Instrumentum laboris. Un documento agile, proposto dai vescovi, che giungerà in tutte le diocesi e le parrocchie, autentici attori dell’itinerario, chiamate ad analizzare il presente e a offrire proposte concrete per il domani. È la scelta di «andare alla base», secondo l’espressione di papa Bergoglio sempre nel 2019. Ampio spazio verrà dedicato al confronto con l’associazionismo, le famiglie religiose, le realtà dell’universo cattolico. Biennio di massimo impegno è previsto quello che andrà dal 2023 al 2024. E la conclusione sarà una verifica che unirà il Paese. Allora davvero il Sinodo nazionale mostrerà, come ha scritto il cardinale Bassetti su Avvenire, «l’immagine conciliare della Chiesa “popolo di Dio in cammino”. Una Chiesa che si muove insieme e fa proprie, con affettuosa condivisione, le gioie e le speranze, i dolori e le angosce» dell’Italia. (Avvenire.it)